Magari da Bruxelles non lo faranno notare troppo, visto che l’impegno era solo informale. Ma nel percorso a ostacoli che Giorgia Meloni sta battendo nell’attuazione del Pnrr, quella di ieri è stata a suo modo una giornata significativa,
avendo segnato il primo mancato rispetto di una tabella di marcia condivisa con la Commissione Ue. Alla quale era stata data garanzia che il 5 dicembre la nuova bozza del Codice degli appalti sarebbe stata approvata, sia pure in via preliminare, dal Cdm: così da avviare un confronto costruttivo in vista della scadenza ufficiale, quella che prevede il varo definitivo del documento entro fine marzo prossimo. Data solo apparentemente remota: specie se le tensioni tra Palazzo Chigi e il Mit di Matteo Salvini perdureranno.
Che le incomprensioni sul tema, tra il capo della Lega e la presidente del Consiglio, s’andassero sostanziando, è cosa nota. Solo che, ancora dieci giorni fa, in FdI erano convinti che certe dichiarazioni folkloristiche del vicepremier,
quella sua pretesa di “ridurre del 50 per cento le parole contenute nel Codice degli appalti”, appartenessero alla sfera della propaganda impressionistica. E invece la scorsa settimana, quando a Palazzo Chigi si sono visti recapitare il plico con le modifiche proposte dal Mit, senza che queste fossero precedentemente state condivise con gli alleati di governo, hanno strabuzzato gli occhi: perché la revisione prospettata è davvero radicale. Dunque Salvini fa sul serio, nel suo apparente fare poco il serio.
Le pose dialoganti adottate in queste ore di incontri brussellesi coi colleghi tedeschi e francesi e coi commissari europei uniscono l’ansia di chi vuole intestarsi interventi che segnino il nuovo corso leghista al Mit. E così alle riunioni coi tecnici di Porta Pia, quelle in cui il leghista spiegava ai funzionari che “non vi chiedo i dettagli, vi chiedo solo questo: velocizzare, semplificare, semplificare, velocizzare”, ha fatto seguito lo zelo di chi non vuole sfigurare di fronte al ministro dei Trasporti, e dunque asseconda anche laddove non condivide.
E però gli azzardi potrebbero costare caro. Non a caso, nel passaggio di consegne, Mario Draghi aveva salutato con favore il fatto che proprio a ridosso del rito della campanella il Consiglio di stato avesse licenziato la nuova bozza del Codice. Consegnata dunque alla Meloni col corredo delle raccomandazioni di chi, dalla cabina di regia del Pnrr, suggeriva di operare, a partire da quel testo, con modifiche chirurgiche. Due, in particolare. La prima riguardava il raddoppio – da dieci a venti – delle opere strategiche per le quali fosse prevista la procedura accelerata da parte della sezione speciale del Consiglio superiore dei Lavori pubblici: 90 giorni, al massimo, per formulare pareri e autorizzazioni. L’altra riguardava un uso più estensivo delle procedure di appalto integrato ai progetti di fattibilità tecnica delle opere.