La puntata di Otto e mezzo andata in onda mercoledì 24 settembre si è trasformata in un confronto acceso che ha riportato
Gianfranco Fini al centro della scena televisiva. Dopo anni lontano dai dibattiti pubblici, l’ex leader della destra italiana è stato ospite di Lilli Gruber, che lo ha incalzato con domande serrate. Il clima, però, è degenerato in più momenti, fino allo scontro frontale che ha sorpreso il pubblico a casa.
Il titolo scelto dalla trasmissione, «Trump, Meloni e la flottilla: parla Fini», lasciava presagire un’analisi politica approfondita. In realtà, il dibattito ha preso presto la piega di un botta e risposta polemico, con la giornalista che cercava di spingere l’ospite a marcare i distinguo con l’attuale presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Fini, pur non nascondendo divergenze su alcuni temi, ha rivendicato coerenza e ha difeso più volte le posizioni della premier, lasciando la conduttrice visibilmente contrariata.
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La tensione è esplosa quando Gruber ha chiesto a Fini: «Perché è venuto in questa trasmissione?». La replica dell’ex presidente della Camera non si è fatta attendere: «Perché lei mi ha invitato, e io sono qui a dire quello che penso io, non quello che pensa lei. Ma la risolviamo dopo in privato…». Uno scambio che ha segnato l’apice di una serata già tesa, con Massimo Giannini ridotto al ruolo di spettatore nel tentativo, quasi impossibile, di mediare.
Fini non ha esitato a criticare lo stile dell’intervista: «Queste non sono domande, contengono al loro interno delle tesi politiche. Legittime, come tutte le tesi, e sono proprio le stesse tesi politiche della sinistra. Legittime, ma non mi può dire che lei è super partes». Una dichiarazione che ha ulteriormente irrigidito il dialogo, confermando l’impostazione da duello personale più che da confronto politico.

Sul tema caldo del riconoscimento dello Stato palestinese, l’ex leader di An ha chiarito: “Sono pro al riconoscimento dello Stato palestinese, ma oggi sarebbe un gesto simbolico. Non c’è una leadership palestinese con cui Israele possa interfacciarsi. Non si possono liquidare questioni serie con alzate di spalle”. Un ragionamento che ha accompagnato con una precisazione: “La destra non è mai stata contro il diritto dei palestinesi ad avere la loro patria, e Giorgia lo sa benissimo. Riconoscere lo stato palestinese è un dovere, ma attenzione al contesto in cui accade. Farlo in questo momento è un gesto fortemente simbolico. Ma attenzione a un possibile rimbalzo negativo di un provvedimento giusto”.
Sul fronte di Gaza, le parole di Fini sono state nette: “Su Gaza, che sia genocidio o strage di massa – ha poi sottolineato – non mi impicco alle parole, ma dobbiamo cercare di porre rimedio”. E a proposito della Flotilla ha aggiunto: “Non userei il verbo ‘attaccati’, era più un’azione di disturbo. La loro è un’iniziativa umanitaria lodevole, ma chiaramente con insegne di tipo politico, e non ci trovo nulla di male. Aiutare è un dovere morale e politico. Non drammatizziamo tutto ciò che accade. Come i cortei, ci possono essere cialtroni”.
Guardando all’Italia, Fini ha escluso paragoni con gli anni di piombo: “In questo momento non vedo nel Paese un clima da anni di piombo. Li ho visti, li ho vissuti, amici sono morti. Oggi si è qualitativamente abbassato il livello del dibattito politico, tanto a destra quanto a sinistra; sembra regredita. Non evocherei mai le Brigate rosse, come mi auguro che nessuno a sinistra evochi stragi fasciste”.


Negli Stati Uniti, invece, il giudizio ha riguardato la recente commemorazione parlamentare: “Non conoscevo Charlie Kirk. Sono ignorante, non ne avevo mai sentito parlare. Non so cosa ci sia di sbagliato ricordare una persona che è stata assassinata, anche alla Camera e a prescindere dal colore politico”. Quanto a Meloni, l’ex presidente della Camera ha spiegato: “Non vedo un appiattimento di Meloni su Trump o Netanyahu. La politica internazionale si fa con gli atti concreti”. E ha aggiunto: “Sono sempre stato con il presidente del Consiglio e la voterò ancora. Su alcune questioni ha una sensibilità diversa dalla mia. Ad esempio, su Trump; il suo discorso all’Onu è stato imbarazzante”.
Inevitabile anche un passaggio personale, in risposta a un’osservazione della conduttrice: “Ho creato i miei figli e nessun altro. Meloni è figlia di una storia politica e di nessun altro”. E ancora: “Io sono fuori dalla politica perché non mi piace il modo in cui viene concepita. Siamo al trionfo della propaganda e alla progressiva scomparsa della politica”.
Il finale ha visto un ulteriore irrigidimento, quando la Gruber ha chiesto alla regia di togliere l’audio al microfono di Fini, esasperata dalle continue lamentele dell’ex presidente della Camera che sosteneva di essere interrotto a ogni risposta. Solo l’intervento del “Punto” di Paolo Pagliaro ha riportato calma nello studio. In chiusura, la conduttrice ha ringraziato l’ospite augurandosi una sua prossima partecipazione. Con un mezzo sorriso, Fini ha replicato: «Eh, se lei mi invita ancora…».