La notizia della sua scomparsa è arrivata nelle ultime ore come un’onda improvvisa, capace di travolgere non solo il mondo della musica, ma anche quella Ciociaria che lo aveva accolto e che lui, ormai da anni, considerava casa. Musicista sensibile, instancabile e profondamente innamorato del suo mestiere, affrontava da tempo una malattia complessa
, contro cui aveva combattuto in silenzio. La sua morte lascia un vuoto che pesa soprattutto su chi aveva imparato a riconoscere, nelle note del suo sax, una forma di bellezza gentile e necessaria.
Per molti, il suo volto era diventato parte integrante delle più importanti produzioni musicali italiane. Nato a Foggia ma trapiantato a Supino, Alessandro Tomei aveva attraversato decenni di carriera con una presenza discreta e al tempo stesso decisiva. Sax, flauto, clarinetto: ogni strumento era un modo nuovo per raccontare la stessa passione, che lo aveva portato ad affiancare giganti dello spettacolo. Tra tutti, spiccava il sodalizio con Claudio Baglioni, una collaborazione costante fatta di tournée, palchi affollati, sale piene e registrazioni che oggi fanno parte della memoria collettiva della canzone italiana. Non meno prezioso era il suo contributo alle interpretazioni di Ornella Vanoni, che trovavano nella sua eleganza musicale un sostegno mai invadente, capace di arricchire senza sovrastare.
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Il percorso di Tomei non si era limitato alle strade più battute del pop. Anzi, molti colleghi ricordano come il suo spirito fosse costantemente attirato da territori più liberi e sperimentali. Le collaborazioni con artisti come Danilo Rea avevano aperto per lui scenari sonori nuovi, confermando una versatilità rara, un talento che non aveva bisogno di forzature per mostrarsi. Ogni palco era un’occasione diversa: dal club raccolto ai grandi festival, ovunque arrivava con una naturalezza che lo rendeva immediatamente riconoscibile.

Ma era nel jazz che batteva il suo cuore più profondo. Dal 1996, Alessandro Tomei aveva saputo ritagliarsi un ruolo stabile nella scena jazzistica italiana, conquistando rispetto anche oltre i confini nazionali. In vent’anni e più di musica, aveva suonato con maestri del calibro di Tullio De Piscopo, Gegè Munari, Fabrizio Bosso, Maurizio Gianmarco e perfino con lo storico sassofonista statunitense Bonny Golson. Un curriculum che racconta più di mille parole la creazione di una reputazione costruita passo dopo passo, sempre con quella discrezione che lo contraddistingueva.
La sua arte, però, non si era fermata alla musica. Il teatro lo aveva accolto come un compagno naturale, permettendogli di intrecciare il proprio talento a quello di figure amatissime come Gigi Proietti, Christian De Sica, Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia. Sul piccolo schermo, poi, aveva trovato un pubblico ancora più vasto. Il suo volto era apparso in programmi iconici: il Festival di Sanremo, Domenica In, Panariello sotto l’albero, Ciak si canta. Sempre lì, sempre con quella professionalità impeccabile che il pubblico, pur senza conoscerne sempre il nome, aveva imparato a cercare.

Quando la notizia della sua morte ha iniziato a circolare, il cordoglio è esploso in poche ore. Claudio Baglioni, che per anni aveva condiviso con lui palchi e studio di registrazione, gli ha dedicato parole semplici e toccanti: “Buon viaggio Alessandro. Quanto ci mancheranno il canto sublime del tuo strumento e il tuo bel sorriso”. Parole che racchiudono il senso di una collaborazione fraterna, di un’amicizia capace di andare oltre il lavoro.
Profondo anche il ricordo di Luca Velletri, amico e collega, che ha descritto gli ultimi momenti insieme parlando di una “energia luminosa”, qualcosa che, nonostante la sofferenza, Tomei riusciva ancora a trasmettere. A soli 52 anni, quella malattia contro cui aveva lottato in silenzio non gli ha lasciato scampo, portandolo via troppo presto rispetto a quanto la musica ancora avrebbe potuto chiedergli.
Oggi Supino e l’intera provincia di Frosinone si stringono attorno al ricordo di un artista che aveva scelto la Ciociaria come casa e che della sua terra parlava ovunque, con orgoglio sommesso e sincero. Resta la musica, restano le collaborazioni, restano i palchi che ha attraversato. E resta soprattutto l’immagine di un uomo capace di portare la sua arte nel mondo con misura, dedizione e un amore profondo che lo ha accompagnato fino all’ultimo istante.