Sono trascorsi quasi quattro anni dalla morte di Liliana Resinovich, ma la vicenda continua a generare testimonianze, rivelazioni tardive e reazioni contrastanti. L’ultimo capitolo si è consumato durante la puntata di “Dentro la notizia”, su Canale 5, condotta da Gianluigi Nuzzi, dove è emersa la dichiarazione dell’ex titolare di una pizzeria.
L’uomo sostiene che Liliana si sarebbe presentata da lui, ai tempi del Covid, chiedendogli qualcosa di rilevante. Una ricostruzione inattesa, che aggiunge nuove ombre su un caso già segnato da ipotesi spesso controverse.
Secondo quanto raccontato, il testimone si è presentato sabato scorso a casa del marito di Liliana, Sebastiano Visintin, registrato mentre esponeva la propria versione. Nella conversazione si sente l’uomo dire: “Ti volevo raccontare un particolare, adesso lo dico a te e tu, a tua volta, fai presente quello che io adesso ti sto dicendo. L’anno non me lo ricordo, mi ricordo che c’era il Covid. Tua moglie era davanti alla porta del locale e mi dice ‘Mi vendi un sacco nero’. Gli do questo sacco nero. L’indomani torna di nuovo e mi dice se le do ancora un sacco nero e mi dice ‘ti prego non parlarne con nessuno’”. Una testimonianza che, se confermata, aprirebbe interrogativi sulle attività della donna nelle ore o nei giorni precedenti alla scomparsa.
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Liliana Resinovich, il mistero dei sacchi neri: spunta un testimone
Dunque, Liliana gli avrebbe detto dei sacchi neri dell’immondizia pregandolo di non riferirlo a nessuno. La reazione di Visintin, come raccontato in trasmissione, è stata di sorpresa assoluta: “Questa cosa mi ha veramente stupito, sono rimasto impietrito da quello che mi ha detto e cioè che Liliana gli ha chiesto i sacchi neri”. Ha spiegato di non aver compreso immediatamente il motivo della visita dell’uomo, né le ragioni che lo avrebbero spinto ad attendere anni prima di parlare. Alla domanda sulla credibilità del testimone, Visintin ha risposto con cautela: “All’inizio non riuscivo a capire perché fosse venuto da me a dirmi queste cose. Sono cose che, secondo me, dovrebbero essere verificate dagli inquirenti”.

Il marito ha poi chiarito perché ha deciso di registrare l’incontro, dettaglio che ha sollevato curiosità: “Avevo il telefono in mano perché stavo parlando con una persona. Quando ho aperto la porta e lui mi ha detto ‘devo dirti alcune cose di Liliana’, ho pensato che fosse qualcosa di importante. Allora ho staccato la comunicazione e ho attaccato il registratore. Mi sono insospettito, insomma”. La sensazione di avere davanti una rivelazione potenzialmente significativa lo avrebbe spinto ad assicurarsi una traccia della conversazione.
Ma è stato soprattutto l’intervento di Claudio Sterpin, in diretta, a scuotere ulteriormente il dibattito. Con toni durissimi ha liquidato la nuova testimonianza come priva di fondamento: “È una mascherata, una bufala come tante altre che sono state dette. Ognuno dice la sua e la maggior parte di cose dette sono bufale”. Sterpin non ha risparmiato critiche nemmeno alla ricostruzione secondo cui la morte di Liliana sarebbe frutto di un’azione collettiva, pur evocandola egli stesso in un ragionamento volto a denunciarne, a suo dire, l’inconsistenza: “È un’associazione a delinquere: la morte di Liliana è stata aiutata, il lavoro sporco, è stato fatto da più persone, più di due, più di tre, chi lo sa. Per me, dirlo oggi, è una bufala nella bufala”.


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Il passaggio più incisivo del suo commento riguarda la tempistica. Sterpin ha accusato il testimone di essersi fatto avanti troppo tardi: “Doveva farlo a tempo debito, cioè tre anni fa”. E ha contestato con fermezza il fatto che l’uomo si sia rivolto a Visintin e non alle autorità: “Questa persona doveva andare in polizia a dire le sue cose, non da Sebastiano. Cioè io scopro una cosa o mi ricordo di una cosa che può essere interessante e la vado a dire a Sebastiano?”. Parole che riflettono la frustrazione per un caso che, più passa il tempo, più si frammenta in dichiarazioni, presunte rivelazioni e confidenze tardive.
Così, questa nuova testimonianza non porta certezze, ma aggiunge un ulteriore tassello a una storia ancora avvolta nella nebbia. Un racconto che si intreccia con reazioni indignate, dubbi, sospetti e un nodo irrisolto: perché, dopo anni, continuano ad affiorare frammenti di memoria che nessuno aveva mai riferito agli inquirenti? E soprattutto: potranno davvero contribuire a chiarire ciò che accadde a Liliana, oppure rischiano solo di alimentare un labirinto già troppo confuso?