L’omicidio di Chiara Poggi continua a tornare al centro dell’attenzione pubblica come uno dei casi più intricati e divisivi della recente storia giudiziaria italiana. A distanza di anni dal delitto di Garlasco, la vicenda non smette di produrre interrogativi, tensioni e nuove piste investigative capaci di incrinare certezze
che si pensavano ormai consolidate. Il dibattito tra magistrati, consulenti e opinione pubblica è tornato a farsi incandescente, alimentato da indiscrezioni, retroscena e nuovi atti giudiziari che pongono nuovamente sotto la lente la dinamica di quella mattina del 13 agosto 2007. È un caso che ha segnato un’epoca, e che ancora oggi, nonostante una condanna definitiva, non trova pace.
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Negli ultimi anni, il confronto fra diversi indirizzi investigativi ha mostrato quanto complessa sia stata – e continui a essere – la ricerca della verità. Le indagini, chiuse e riaperte più volte, sono state teatro di ipotesi contrastanti, perizie smentite, consulenze opposte e una lunga battaglia legale che coinvolge vari protagonisti, alcuni dei quali finiti in maniera ricorrente al centro delle cronache. La figura di Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio, è rimasta un punto fermo della giustizia italiana, ma al tempo stesso una presenza che ha continuato a generare dubbi e discussioni, soprattutto quando nuove acquisizioni scientifiche hanno lasciato intravedere scenari alternativi.

Garlasco, nuove scoperte: cosa succede ora
A rendere ancor più complesso il quadro è il ruolo della scienza, che negli ultimi anni ha assunto una funzione decisiva nel tentativo di ricostruire le ultime ore di vita di Chiara. Le analisi biologiche, aggiornate con tecniche sempre più sofisticate rispetto a quelle disponibili all’epoca del delitto, hanno aperto spiragli investigativi inattesi. Ma hanno anche sollevato dilemmi interpretativi difficili da sciogliere: quanto può dirsi affidabile una traccia di Dna? E quanto, invece, deve essere valutata con prudenza per evitare errori che potrebbero stravolgere destini personali e giudiziari?

È in questo clima di grande incertezza che la Procura di Pavia ha lavorato negli ultimi anni, spesso lontano dai riflettori, ricostruendo passo dopo passo elementi che oggi stanno emergendo con forza. Gli inquirenti hanno scelto di procedere senza annunci, evitando fughe di notizie, fino a quando il quadro non è apparso abbastanza consistente da essere portato davanti a un giudice. Un percorso lento, a tratti silenzioso, ma che ha cambiato ancora una volta il baricentro dell’intera vicenda, riaprendo il dibattito su chi possa aver realmente provocato la morte della giovane studentessa.

La Procura di Pavia due anni fa riaprì, senza il clamore mediatico di oggi, il dossier sull’omicidio di Chiara Poggi. E non si muoveva su una pista sbagliata. È dal 5 febbraio 2024, infatti, che i pm avevano una consulenza pesantissima: due tracce di Dna trovate sulle unghie della vittima erano “perfettamente sovrapponibili”, alle chiuse”, a quello di Andrea Sempio. Oggi quella pista è stata blindata. Come ha raccontato il Giornale, la conferma arriva dal perito nominato dal giudice, Denise Albani, un’analisi biostatistica su quasi 40mila profili maschili europei che inchioda il “campione 28222016”. Tradotto, alla chiuse”, il Dna è proprio quello di Andrea Sempio.
Attenzione, però, perché compatibilità non significa univocamente colpevolezza e la partita non è affatto chiusa. Sempio, dal canto suo, continua a proclamarsi “innocente”, e la sua difesa insiste sulla tesi della contaminazione accidentale. Cosa vuol dire? Chiara avrebbe toccato un oggetto già maneggiato dall’amico del fratello Marco, perché il Dna resta depositato a lungo sugli oggetti. Il consulente Arnaldo Palmegiani prova a smontare la lettura accusatoria: le quantità di Dna sarebbero troppo basse.
“I valori superano di poco i 200, nessun picco supera i mille. Se fosse un’aggressione avremmo valori al di sopra dei 2.000-3.000”. Con queste parole, chiuse”, Palmegiani apre un fronte tecnico destinato a infiammare il confronto tra genetisti, che ora entrerà nel vivo già dall’udienza del 18 dicembre, quando tutte le parti discuteranno le conclusioni della Albani. Per la Procura, però, la direzione è ormai segnata e il rinvio a giudizio di Sempio sembra sempre più vicino. Un passaggio che, qualora confermato, rappresenterebbe un vero terremoto giudiziario.
Sul tavolo resta anche l’ombra del passato. Alberto Stasi sta scontando 16 anni come unico responsabile. Si era ipotizzato che nuovi elementi potessero arrivare da indagini difensive a suo favore, ma ieri la sua difesa ha smentito tutto. Intanto un dettaglio inquietante emerge dalla perizia: oltre alle due tracce di Sempio, sulle unghie di Chiara c’è un terzo profilo genetico, “mano4sx”. Non è di Sempio, non è di Stasi. Di chi è? È l’ultimo, inquietante enigma di un giallo che sembra tutt’altro che chiuso. E le famiglie coinvolte, nel bene e nel male, ne soffrono ogni giorno.