L’avvocato Antonio De Rensis, storico legale di Alberto Stasi, è tornato a parlare di un episodio che continua a generare domande e inquietudine, un “contatto” ricevuto il 13 luglio 2022. Quella data precede di oltre un anno la riapertura delle indagini sul delitto di Garlasco e per questo il racconto del penalista, ospite della puntata di Ore 14 sera dell’11 dicembre 2025,
ha attirato nuovamente l’attenzione pubblica. Fin da subito De Rensis ha voluto chiarire un punto che ritiene essenziale: non ha mai avuto incontri riservati con il procuratore capo di Pavia, Fabio Napoleone. Ogni riunione, ha ribadito, è sempre avvenuta con la presenza di altre figure della procura. “L’ho ripetuto in molti contesti ma lo ripeto qui in maniera molto chiara, non ho mai avuto nessun colloquio riservatissimo personalmente con il procuratore Napoleone”, ha dichiarato, indicando di volta in volta il sostituto Zanoncelli, la sostituta De Stefano o l’aggiunto Civaldi come presenti ai suoi confronti istituzionali.
Nella ricostruzione offerta in diretta, De Rensis ha descritto con precisione gli orari di quella giornata. “Ho detto un’altra cosa, il 13 luglio 2022 sono uscito alle 13.30 dal Palazzo di Giustizia, alle 18.45 dello stesso giorno, tutto documentato con testimonianza di due avvocati tra cui una cassazionista che lavora con me, è accaduta una cosa mentre ero all’interno del mio studio”, ha raccontato. Non ha fornito dettagli sulla natura di quel contatto, ma ha spiegato che non si è trattato di una minaccia né di qualcosa che abbia messo in pericolo la sua incolumità. “Il contatto non mi ha spaventato, ma mi ha turbato”, ha precisato, sottolineando il clima di incertezza che quel momento gli aveva lasciato.
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Garlasco, l’avvocato De Rensis: “Un contatto mi ha turbato”
Incalzato dal conduttore Milo Infante, l’avvocato ha poi spiegato come abbia gestito la situazione alle prime ore del giorno successivo. “Ho fatto ciò che qualunque avvocato in Italia al posto mio, difensore di Stasi, avrebbe fatto. Il giorno dopo, telefonicamente, ho relazionato il procuratore capo di quanto accaduto e poi sono stati relazionati anche i sostituti”, ha chiarito. Ha inoltre precisato che quel contatto non era stato diretto a lui personalmente, ma agli avvocati presenti nel suo studio. “Quando io ho compreso di che contatto si parlava, ho fatto in modo che parlassero gli avvocati del mio studio ed è stato tutto documentato”, ha aggiunto, ribadendo che nulla è rimasto senza riscontro formale. Lui stesso ha definito “indefinito” questo contatto.

Un aspetto centrale del suo racconto riguarda chi, a quel tempo, fosse a conoscenza della sua nomina come legale di Stasi. “Il 13 luglio 2022 sapevano che io ero avvocato di Stasi il procuratore capo Napoleone e i sostituti, il procuratore aggiunto Venditti, il mio studio, Giada Bocellari e Alberto Stasi. Nessun altro in Italia sapeva che io ero l’avvocato di Stasi”, ha affermato nel corso della puntata. Da qui il motivo per cui il contatto lo abbia turbato, pur precisando: “Non ho detto che il contatto sapeva che fossi l’avvocato, io ho detto che ufficialmente lo sapevano persone che ho nominato. Il contatto mi ha turbato, non spaventato. Nessuno mi ha minacciato”.
A distanza di anni, De Rensis sostiene ancora di aver fatto ciò che riteneva necessario. “All’epoca l’indagine non era stata riaperta, un fascicolo quando viene richiamato da un archivio ha un tragitto”, ha ricordato, sottolineando che la sua scelta di riferire subito quanto avvenuto è stata dettata da un principio di correttezza professionale. Il tema è riemerso più volte, come già accaduto durante la puntata dell’8 dicembre de Lo Stato delle Cose, dove l’avvocato aveva ribadito la dinamica: “Io ho detto che all’uscita dal Palazzo di Giustizia il 13 luglio 2022, ore 13.30 con i cd, recatomi in studio alle 18.45, è accaduta una cosa che io ho mantenuto segreta, alla presenza dei miei avvocati, documentata, che ho riferito il giorno dopo al procuratore Napoleone”.

Nel corso della trasmissione si è affrontato anche un altro tema caldo del caso Poggi: la presunta macchia sul telefono di casa, un dettaglio che da anni alimenta dubbi e discussioni attorno alla ricostruzione dell’omicidio di Chiara. Ma è stato soprattutto il racconto di quel contatto “indefinito”, e del contesto in cui avvenne, a riaccendere l’attenzione su una vicenda giudiziaria che continua a generare interrogativi e che, ancora oggi, non ha smesso di far discutere.