Claudio Sterpin, l’uomo che per molti è stato ben più che un semplice amico per Liliana Resinovich, è tornato a parlare. Lo ha fatto con parole ferme e una certezza che, a suo dire, non è mai venuta meno in questi quasi quattro anni di indagini. Lunedì 23 giugno,
davanti al giudice durante l’incidente probatorio, ha ribadito con decisione ogni singolo dettaglio già raccontato nei mesi successivi alla scomparsa della donna, trovata morta il 5 gennaio 2022 dopo essersi dissolta nel nulla il 14 dicembre dell’anno precedente. Un racconto lungo cinque ore, fatto sotto gli occhi di Sebastiano Visintin, marito della 63enne triestina e ora formalmente indagato per la sua morte.
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Al termine della deposizione, Sterpin si è lasciato avvicinare dai microfoni di Mattino 5, senza esitazioni. “Non mi sono sentito per niente osservato”, ha affermato. “Ho fatto quello che faccio sempre: dire la verità”. Ha raccontato di nuovo la sua relazione con Liliana, i sogni che avevano costruito insieme e la fiducia profonda che, secondo lui, legava i loro destini. La mattina del 14 dicembre 2021 resta per lui un punto cruciale, che ha rievocato con lucidità e precisione. “Per me è stato solo confermare quanto ho sempre detto fin dal giorno dopo la scomparsa”, ha aggiunto.

Claudio Sterpin, le parole di Liliana e i dubbi su Sebastiano
La procura ha valutato la testimonianza come coerente e priva di contraddizioni. Parole che ora assumono un peso rilevante nella cornice giudiziaria di un caso ancora aperto e avvolto da incertezze. Eppure per Sterpin la verità sarebbe già sotto gli occhi di tutti. “Liliana non può essersi suicidata”, ha ribadito. “È una cosa che sostengo da tre anni e mezzo. Lei mi diceva sempre che stava coronando il sogno della sua vita. Nessuno che vive un momento del genere, che sta finalmente realizzando ciò che ha sempre desiderato, si toglie la vita. Non è plausibile”.

È proprio a partire da questa convinzione che l’ex maratoneta ha rilanciato un’ipotesi ben più inquietante. Secondo lui, Liliana stava per compiere un passo importante: andare a vivere con lui, lasciandosi definitivamente alle spalle un matrimonio ormai logoro. “Mi aveva detto più volte che poter vivere il nostro amore alla luce del sole era il sogno di una vita”, ha raccontato. Ecco perché, per lui, non si tratta soltanto di omicidio, ma di un’azione premeditata, studiata e messa in atto da più persone. “Non credo affatto che chi ha ucciso Lilly abbia agito da solo”, ha detto con convinzione. “L’ho sempre detto: almeno in tre hanno partecipato all’omicidio e all’occultamento del cadavere”.

Sterpin è certo che il corpo della donna sia stato collocato nel giardino dell’ex ospedale psichiatrico pochi giorni prima del ritrovamento e che sia stato trasportato in auto, probabilmente durante la notte. “Serviva qualcuno che conoscesse bene quel posto e un altro che si occupasse del trasporto. Non è stata un’azione isolata, era tutto organizzato”. Un’accusa pesante, lanciata senza esitazioni, con lo sguardo fisso su un mistero che, a distanza di anni, continua a pesare sulla città di Trieste come un macigno.