Luca Barbareschi torna a far parlare di sé con dichiarazioni destinate a far discutere. L’attore, regista e produttore, classe 1956, ha rilasciato una lunga intervista a Vanity Fair nella quale ha ribadito, senza mezzi termini, che i suoi figli non riceveranno alcuna eredità.
Non è la prima volta che Barbareschi affronta pubblicamente il tema, ma stavolta le sue parole sono state più dure che mai, arrivando perfino a lanciare una frase lapidaria: “Facciamo che andate a fare in …, perché mi augurate la morte”.
Padre di sei figli, nati da tre relazioni diverse, Barbareschi ha raccontato nei dettagli il rapporto difficile con gran parte della sua prole. Il primogenito Michael, nato negli Stati Uniti da una relazione giovanile e riconosciuto solo in età adulta, è, a suo dire, l’unico che lo contatta con affetto. Gli altri — Eleonora, Beatrice e Angelica, nate dal matrimonio con Patrizia Fachini, e i più piccoli, Maddalena e Francesco Saverio, avuti con l’attuale moglie Elena Monorchio — sarebbero invece accusati di cercarlo solo per motivi economici. “Altri tre spesso mi chiedono soldi”, denuncia, lamentando il fatto che, nemmeno in momenti di salute precaria come quello vissuto quest’anno, abbiano mostrato reale vicinanza.
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Dietro lo sfogo, c’è la frustrazione di un uomo che si definisce innamorato della vita e del suo mestiere, ma anche deluso da dinamiche familiari che lo hanno segnato profondamente. “Ho avuto una commozione cerebrale, sono stato in ospedale tre volte. Nessuno si è fatto sentire, tranne che per le feste comandate”, racconta. Eppure, dice, per i suoi figli ha fatto tutto: dalle scuole d’élite alle vacanze lussuose, dal sostegno economico alla possibilità di vivere tra l’Italia e gli Stati Uniti. “Chi è che può vantare oggi tutte le opportunità che hanno avuto loro?”, si chiede con amarezza.

Ma Barbareschi non si limita alla rabbia. Rivendica il suo ruolo di padre generoso, presente, pronto a dare senza mai chiedere nulla in cambio. “Mi spiace per loro, perché sono un padre speciale”, afferma, rammaricandosi per i nipoti che, secondo lui, non avranno modo di conoscere davvero il nonno. E in questa sua riflessione finale, c’è anche una disillusione più ampia: “Ci illudiamo che i figli siano a nostra immagine e somiglianza, ma quella è solo una metafora biblica”, chiosa.

Nel suo racconto, Barbareschi non mostra alcun rimpianto per la scelta di non lasciare nulla in eredità, e al contrario rivendica il valore dell’indipendenza conquistata a fatica, senza sconti o privilegi. “Non voglio essere il più ricco del cimitero”, dice, spiegando di non essere attaccato al denaro e di volere semplicemente godersi il tempo che resta, magari insegnando — uno dei pochi desideri che confessa di non aver ancora realizzato.

Un’intervista che, nel suo tono feroce e autentico, offre un ritratto intimo e contraddittorio di Luca Barbareschi: artista affermato, padre controverso, uomo in lotta con il tempo, con i ricordi e con la famiglia che si è costruito ma che, oggi, sembra avergli voltato le spalle.