Una biblioteca senza confini, un patrimonio sterminato che sfugge a qualsiasi inventario. I volumi potrebbero essere 20 mila, forse 25 mila, ma nemmeno il loro proprietario conosce il numero esatto. Giampiero Mughini, giornalista, scrittore, volto noto della televisione italiana, sa però una cosa ben più dolorosa:
una parte di quella collezione di libri, il lavoro e la passione di una vita, deve venderla. “Non c’è più nessuno che mi proponga un lavoro. Da quando sono stato male hanno smesso tutti di chiamarmi”, ha confessato a Il Foglio. Poi, l’amara constatazione: “Gli amici? Evaporati. I risparmi? Miserie”.
Per anni Mughini ha infiammato i dibattiti televisivi con la sua verve polemica e colta, diventando una presenza imprescindibile nei talk show sportivi e nelle trasmissioni di costume. In molti lo ricordano come ospite fisso del Maurizio Costanzo Show, dove il suo stile diretto e la sua cultura enciclopedica ne facevano un personaggio unico. Da tempo, però, il giornalista è sparito dagli schermi senza una vera spiegazione. La conseguenza più immediata è stata la scomparsa di quelle entrate economiche che gli garantivano una certa sicurezza.
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Giampiero Mughini oggi: come sta e che fine ha fatto
La decisione di vendere una parte della sua biblioteca è, dunque, una ferita aperta. Tra i volumi che finiranno sul mercato ci sono prime edizioni di autori simbolo della letteratura italiana: Pavese, Calvino, Campana, Gadda, Sciascia, Fenoglio, Pirandello, Bassani, Moravia, Bianciardi, Montale, Ungaretti. “Nella vita non ho saputo mettere niente da parte, tranne i miei libri”, ha dichiarato. Quella raccolta non è soltanto una collezione, ma un percorso intimo e personale costruito in decenni di ricerche, viaggi e scoperte.

Alcuni testi, tuttavia, Mughini non riesce a cederli. “Però alcuni non li vendo, non potrei. I tre libri di Italo Svevo, che sono di leggendaria rarità. I libri di Umberto Saba, perché su Trieste ho scritto un libro al quale tengo molto, e poi Carlo Dossi, che mi piaceva per com’era. Credo di somigliargli, a Carlo Dossi”. Una parte del suo tesoro è già stata affidata al libraio milanese Pontremoli, amico di lunga data, ma i titoli citati restano al sicuro, custodi della sua storia.
Privarsi dei libri è diventata una necessità che lo stesso Mughini definisce “una sofferenza indispensabile”. La vendita sarà accompagnata da un catalogo che, almeno in parte, gli consentirà di lasciare un segno: “Così almeno un libro resta mio, e lo firmano pure. Ma sì, è un colpo al cuore. Lo faccio perché è necessario. L’unico lavoro che ho è l’articolo che scrivo ogni martedì sul Foglio. Con quello ci faccio una dieta intermittente, che fa pure bene alla salute dicono”.


Il tema della salute è infatti centrale. “Ho avuto problemi di salute. Ma sì, ora sto bene. Se però tu mi dici di andare da qui al mio bagno ci vado con un po’ di fatica. Il medico mi ha detto in un linguaggio chiarissimo che io sono giunto al momento in cui devo ‘gestire’ la mia vecchiaia. Non me ne ero accorto, pensa te. Perché di anni ne ho parecchi. Ottantacinque, per la precisione”. Una riflessione che svela il lato più fragile di un uomo che ha sempre vissuto davanti alle telecamere, trasformando il suo sapere in spettacolo.
La morte? “Non ci penso. Perché se ci penso lei poi si monta la testa”. Una battuta amara e ironica che racchiude l’essenza di Mughini, il suo modo di affrontare il tempo che passa senza rassegnarsi, pur nella consapevolezza di essere costretto a rinunciare a ciò che ha di più caro. Un uomo che oggi appare lontano dal clamore mediatico, ma che nella sua biblioteca, anche se dimezzata, continua a custodire la sua vera identità.