Ha riaperto alle 10 di questa mattina la camera ardente di Ornella Vanoni, allestita al Piccolo Teatro Grassi e già circondata, fin dalle prime ore, da una lunga fila di persone sotto la pioggia. Nessun maltempo, infatti, ha impedito ai tanti milanesi e ai fan arrivati da fuori città di aspettare pazientemente il proprio turno per entrare e lasciare un pensiero,
un fiore, un omaggio. Tra le mani dei presenti spiccavano gigli, rose bianche e soprattutto fiori gialli, il colore che l’artista amava più di tutti e che è diventato un simbolo di queste ore di lutto. Gino Paoli, custode di un legame artistico e umano irripetibile, lo ha ricordato con un grande cuscino di rose a forma di cuore, tutto giallo, come se volesse restituirle quel raggio di luce che ha portato nella musica italiana per oltre settant’anni.
Mentre la camera ardente resta aperta fino alle 13, Milano si prepara alle esequie nella chiesa di San Marco, previste per le 14.45, un luogo che Vanoni aveva scelto e frequentato, immerso nel quartiere Brera che era stato uno dei suoi rifugi dell’anima. Qui, durante la cerimonia,
sarà Paolo Fresu a suonare la tromba che lei stessa gli aveva chiesto di portare nel giorno dell’addio, una volontà espressa sei anni fa e custodita con rispetto dal musicista. Un dettaglio che rende ancora più evidente quanto Ornella avesse immaginato ogni passaggio della sua uscita di scena come una pagina di poesia.

La folla che attende all’ingresso cresce di minuto in minuto, mentre le voci si abbassano e gli sguardi si fanno più attenti. Arriva Fabio Fazio, accompagnato da Paolo Jannacci, figlio di Enzo e amico di vecchia data della famiglia Vanoni. Subito dopo, in silenzio e con passo discreto, compare Luciana Littizzetto. Nessuno dei due rilascia dichiarazioni: un saluto rapido, qualche bacio sulle guance, un cenno affettuoso verso chi li riconosce, e poi l’ingresso nella chiesa di San Marco, lontano dai riflettori, per l’ultimo saluto a quella che consideravano non solo una presenza fissa nel loro programma, ma un punto fermo della loro vita professionale e affettiva.

È impossibile non tornare con la memoria a ciò che era accaduto appena ventiquattr’ore prima. Nella puntata di domenica 23 novembre di Che tempo che fa, Fazio e Littizzetto avevano fatto fatica a trattenere le lacrime ricordando Ornella, scomparsa nella notte tra venerdì e sabato nella sua casa di Milano a causa di un arresto cardiocircolatorio. Le parole si erano incrinate, la voce era oscillata, il pubblico si era stretto in un silenzio denso mentre i due conduttori, quasi incapaci di procedere, rendevano omaggio a una donna che non era solo una colonna del programma, ma un’amica preziosa, una presenza viva, ironica, tagliente, capace di trasformare ogni apparizione televisiva in un piccolo evento.


Ornella Vanoni, a 91 anni, non aveva smesso di lavorare e di raccontarsi. Apparteneva al cast fisso di Che tempo che fa nella sua versione su Nove, dove garantiva una presenza bisettimanale che il pubblico aspettava come un appuntamento irrinunciabile. La sua voce, la sua immediatezza, quella capacità tutta sua di passare dall’ironia più spiazzante alla delicatezza più inattesa, avevano continuato a renderla una figura centrale nel panorama televisivo e artistico italiano. Oggi, davanti al Piccolo Teatro Grassi e alla chiesa di San Marco, quella vitalità sembra ancora muoversi nell’aria, raccolta negli sguardi di chi l’ha amata e oggi la accompagna nel suo ultimo viaggio.