Il caso Garlasco è uno dei più controversi e dibattuti della cronaca nera italiana degli ultimi vent’anni. Al centro della vicenda, l’omicidio della giovane Chiara Poggi, trovata senza vita il 13 agosto 2007 nella villetta di famiglia in via Pascoli, a Garlasco, in provincia di Pavia. A essere condannato in via definitiva,
nel 2015, è stato il fidanzato dell’epoca, Alberto Stasi, ritenuto colpevole e condannato a 16 anni di reclusione. Tuttavia, negli ultimi mesi, nuove scoperte scientifiche hanno riaperto interrogativi e rilanciato una possibile revisione della verità giudiziaria che ha segnato il destino di Stasi, detenuto da oltre dieci anni.
In un approfondito articolo pubblicato da Il Tempo, la giornalista Rita Cavallaro ha raccolto le parole dell’avvocato Antonio De Rensis, che difende Stasi insieme alla storica penalista Giada Bocellari. Secondo il legale, il ritrovamento di un nuovo profilo genetico, ribattezzato “Ignoto 3”, nel cavo orale della vittima potrebbe costituire un elemento dirompente nell’indagine. L’ipotesi su cui si lavora è che quel Dna, mai rilevato prima, sia stato lasciato da qualcuno entrato in contatto con Chiara poco prima della sua morte.
“Appena entrati in casa Poggi…”. Garlasco, colpo di scena dai primi soccorritori

L’avvocato ha parlato del suo assistito, il quale gli ha confessato di voler mantenere la lucidità ma anche la speranza. De Rensis ha parlato di quello che Stasi sta provando in questi mesi, da quando la procura ha aperto una nuova indagine: «Alberto, dall’inizio di questa indagine, vive un misto di emozioni», ha dichiarato De Rensis, sottolineando come il suo assistito stia cercando di mantenere lucidità nonostante la lunga detenzione. Il ritrovamento di nuove tracce genetiche, ha aggiunto l’avvocato, dimostra che «questa indagine ha un significato», soprattutto perché si tratta di rilievi mai eseguiti all’epoca dei primi accertamenti. Per De Rensis, la prudenza è d’obbligo, ma se dovesse essere esclusa ogni possibilità di contaminazione, «questo porterebbe a un nuovo sviluppo dell’indagine».

Determinante, secondo il difensore, il lavoro tenace e silenzioso di Giada Bocellari, che non ha mai smesso di credere nella possibilità di ribaltare la verità processuale. Fu lei, nel 2016, a segnalare la presenza di un altro Dna sulle unghie di Chiara che avrebbe poi portato alla pista di Andrea Sempio, oggi ufficialmente indagato per omicidio in concorso. E proprio durante l’incidente probatorio disposto per fare chiarezza sul Dna definito “Ignoto 1”, è emersa l’ulteriore traccia genetica del cosiddetto “Ignoto 3”.


L’avvocato De Rensis conclude con parole che suonano come una sfida e un auspicio: «Chi svolge il ruolo di magistrato deve avere molto coraggio. E questa Procura, insieme ai carabinieri e ai genetisti, stanno dimostrando di averne». Secondo lui, se davvero si vorrà riscrivere la storia di questo delitto, sarà necessario anche un atto di onestà intellettuale da parte di chi condusse le prime indagini: «Mi piacerebbe intravedere un po’ più di umiltà, riconoscendo che forse non tutto è stato fatto nel migliore dei modi». Una riflessione che potrebbe aprire nuovi scenari in uno dei misteri più inquietanti della giustizia italiana.