Il tonfo dei referendum sostenuti dalla Cgil, con la ben nota illusione di una vittoria mediatica durata appena due giorni, ha avuto un effetto immediato nel Partito Democratico: la sirena d’allarme ha iniziato a suonare forte. Non è più tempo di incertezze o attese tattiche,
dicono sempre più esplicitamente i cosiddetti “sediziosi”, l’ala riformista del Pd che fatica a riconoscersi nella linea imposta dalla segretaria. Ed è proprio Elly Schlein a finire sotto i riflettori, accusata di aver abbracciato l’asse ideologico di Maurizio Landini per calcolo, mettendo in vetrina l’alleanza “a tre posti” con Movimento 5 Stelle e Avs, più per bisogno simbolico che per concretezza politica.
A ricostruire con puntualità il contesto è Aldo Rosati, in un’analisi pubblicata sul quotidiano Il Tempo. È lui a mettere in fila le scosse che agitano il Nazareno, sottolineando come proprio nei giorni successivi alla sconfitta referendaria sia tornata alla ribalta una figura che da tempo osservava in silenzio: Ernesto Maria Ruffini. Ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ruffini ha attraversato l’Italia per mesi visitando le parrocchie, quasi in missione. Il ritorno a Roma è servito ad annunciare la nascita dei circoli “Più uno”, ispirati al titolo del suo recente saggio e accompagnati da un appello chiaro: “Serve un’alleanza costituzionale per contrastare l’attacco alla democrazia e all’Europa”.
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Il progetto di Ruffini non nasce in sordina. Con un’efficace campagna digitale invita i cittadini ad aprire comitati o ad aderire individualmente. Un’operazione che richiama le primarie del 2012, quando Matteo Renzi lanciò la sua scalata interna al Pd. Proprio allora Ruffini faceva il suo debutto organizzativo tra le fila delle Leopolde. Il suo pedigree parla da sé: figlio di un ex ministro democristiano, nipote dell’arcivescovo di Palermo e fratello di Paolo, prefetto per la Santa Sede. Un’identità ben radicata nella tradizione riformista cattolica che oggi, più che mai, sembra mancare alla guida del partito.

La nascita dei circoli “Più uno” è l’ennesimo sasso gettato nello stagno del “campo largo”, che negli ultimi anni ha visto naufragare ogni tentativo di riproporre, in piccolo, l’esperienza della Margherita. Eppure, l’iniziativa ottiene consensi significativi. Luciano D’Alfonso, ex governatore abruzzese e oggi deputato del Pd, non ha dubbi: “Ruffini raccoglie ed esprime molta intelligenza dell’Italia che ragiona e coltiva il merito delle questioni”. E aggiunge: “Sono convinto che sarà un costruttore”. Parole positive arrivano anche dal vicepresidente di Italia Viva, Davide Faraone: “Tutto ciò che mira a far crescere il mondo riformista va benissimo. Stiamo lavorando da tempo a questo obiettivo”.
Nel frattempo, da un’altra sponda della sinistra, si riaffaccia Goffredo Bettini con la sua vecchia proposta: creare una “tenda moderata”. Una visione che non convince però i riformisti, tra cui Filippo Sensi, che l’ha già definita un vicolo cieco. Ma se Schlein dovesse davvero anticipare il congresso nazionale a dopo le regionali, come si vocifera sempre più insistentemente, i giochi potrebbero chiudersi in fretta. L’obiettivo sarebbe quello di blindare una maggioranza granitica e mettere a tacere le voci critiche interne.

Proprio per evitare una deriva monocratica, Michele Anzaldi, già stratega di Rutelli e Renzi, propone su X (ex Twitter) un incontro simbolico tra due nomi storici: il professor Arturo Parisi e l’eurodeputata Pina Picierno. “Alla luce delle loro interessanti interviste, chi ha a cuore le sorti del futuro del campo democratico farebbe bene a organizzare un caffè tra loro due”, scrive, lasciando intendere che serve una nuova piattaforma di dialogo.
La questione centrale che agita da mesi l’ala riformista è una sola: come si può convivere con Elly Schlein? Il disagio si è espresso soprattutto a Bruxelles, dove la linea sulla guerra in Ucraina e il riarmo europeo ha provocato malumori forti e diffusi. Il culmine, tuttavia, è stato toccato con l’adesione convinta ai referendum promossi dalla Cgil, una scelta imposta dal vertice del partito nonostante il dissenso profondo di metà gruppo dirigente.
L’astensione massiccia alle urne ha smascherato il bluff comunicativo del Pd, che per due giorni ha provato a vendere un insuccesso come un trionfo. Il malcontento interno non si placa, e mentre Elly Schlein resta ferma sulla sua rotta, il sogno di una scissione prende corpo tra i moderati. Matteo Renzi, da parte sua, osserva tutto con interesse: convinto di poter tornare al centro della scena radunando i delusi dell’attuale dirigenza, punta a ricostruire un polo riformista partendo proprio dagli scontenti del Pd.
Il tempo stringe. La domanda che serpeggia, sussurrata nei corridoi della politica romana, è una sola: sarà Ruffini l’uomo giusto per cambiare gli equilibri del centrosinistra? Oppure, ancora una volta, tutto finirà in un altro esperimento abortito prima di nascere?