In una recente intervista rilasciata a “La Repubblica”, Achille Costacurta ha condiviso dettagli molto forti della sua vita personale. Achille, figlio ventenne di Billy Costacurta e Martina Colombari, nonostante la giovane età ha vissuto già esperienze estreme: ha affrontato il carcere minorile,
l’uso di droghe e ha anche tentato il suicidio, episodio finora sconosciuto al pubblico.
“Avevo 17 anni ed ero rinchiuso in un centro penale minorile a Parma; dopo un anno e sette mesi non riuscivo più a sopportare la situazione“, ha dichiarato. Riguardo alle cause della sua permanenza nel centro minorile, ha spiegato: “Mi avevano trovato due coltelli nell’armadietto a scuola. Non avevo intenzione di fare male a nessuno, ero solo un ragazzo pieno di paranoie”.
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La confessione choc di Achille Costacurta: “Ho provato a togliermi la vita”
“Ho provato a togliermi la vita con sette boccette di metadone, equivalenti a 40 grammi di eroina. Nessuno sa spiegarsi come io sia ancora vivo“. Queste le parole di Achille Costacurta sul periodo, estremamente difficile, vissuto in carcere: “Sono entrato quando avevo 15 anni. Ci davano dieci sigarette al giorno e ogni volta che saltavi la colazione te ne toglievano una. Una volta, mentre fumavo, un agente ha voluto parlarmi. Gli ho chiesto di aspettare, ma lui mi ha spezzato la sigaretta davanti al viso. Gli ho sputato e mi hanno picchiato in una stanza. Ero solo un ragazzino”, ha ricordato.

Achille ha raccontato altri episodi difficili: “A Milano, due anni fa, ho lanciato delle scarpe Gucci fuori da un taxi rompendo una telecamera. La tassista ha chiamato la polizia; ho preso due pugni e ho reagito”. Dopo aver raggiunto la maggiore età, sono subentrate anche le droghe: “Ho provato la mescalina, un allucinogeno messicano. Sotto il suo effetto mi sentivo Dio, volevo aiutare il mondo intero. Regalavo collane d’oro ai senzatetto e portavo a casa ragazzi che fumavano crack per farli lavare. In realtà mi stavo distruggendo. Le droghe sono il demonio e ti portano via”.


Lo status di “figlio di” ha sicuramente influenzato i suoi problemi: “Avevo regole rigide in casa, ma fuori ero trattato diversamente. Saltavo file, entravo gratis ai concerti, ero conosciuto da tutti. E i miei genitori non potevano controllare queste cose”. L’inizio di quest’anno, trascorso tra Palermo e Mondello, è stato però determinante per la sua rinascita personale.
“Ora mi sento rinato, non faccio più uso di droghe, sto bene e ho recuperato il rapporto con i miei genitori. Prima litigavamo sempre, ora siamo uniti. Se torno tardi, li chiamo”. Achille ha ora un obiettivo importante: “Voglio aprire un centro per ragazzi con sindrome di Down. Aiutare gli altri mi fa sentire le farfalle nello stomaco”.