Da più di vent’anni è il volto che accompagna milioni di telespettatori alla ricerca di verità e giustizia. Federica Sciarelli, in una lunga intervista rilasciata a Jonathan Bazzi sul Corriere della Sera, ha raccontato la sua vita professionale e personale, intrecciata ormai indissolubilmente a “Chi l’ha visto?”.
Una trasmissione che avrebbe dovuto condurre per poco tempo, come lei stessa ammette, ma che è diventata la sua missione.
“Pensavo di rimanerci un anno, poi ho capito che così potevo aiutare davvero. È bello prendere lo stipendio per dare una mano”, confessa, rivelando anche un lato più leggero: “Da bambina facevo atletica, la resistenza non mi manca. Finito Chi l’ha visto? chiudo tutto e vado sui pattini”.
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Federica Sciarelli rompe il silenzio su Emanuela Orlandi
Dietro la sua apparente calma c’è una tenacia che ha segnato alcune delle indagini più complesse della cronaca italiana. La giornalista ricorda il caso di Elisa Claps come uno dei momenti in cui l’ostinazione si è trasformata in determinazione incrollabile: “Ero certa di Restivo, mi presi querele ma avevo studiato. Chiesi alla famiglia di poter chiamare le cose col loro nome: omicidio con occultamento di cadavere”. Quando, dopo diciassette anni, il corpo fu ritrovato in chiesa, il suo approccio si rivelò giusto e aprì nuove prospettive per tutti. “Abituarsi al male è la vera sconfitta”, spiega, sottolineando quanto il dolore raccolto settimana dopo settimana non scivoli mai via, ma si trasformi in energia per andare avanti.

Un’energia che si rinnova ogni volta che si affronta il dramma dei femminicidi, tema ricorrente e doloroso. Per Sciarelli si tratta di una ferita ancora troppo aperta: “Le donne subiscono sperando che l’uomo cambi, ma il primo schiaffo è già troppo. Non manca la consapevolezza della pena, manca il rispetto. L’odio verso le donne diventa più forte di qualsiasi paura”.
Tra i casi che continuano a interpellarla c’è quello di Garlasco, sul quale, racconta, viene interrogata persino durante le passeggiate col cane. “È un caso importante, può aprire molte porte, ma non è sano vivere solo di omicidi”, sottolinea. Oggi, osserva, l’interesse della società sembra essere cambiato: “Prima l’ideale era la coppia velina–calciatore, oggi incontro solo gente che vuole fare il criminologo”. Lei però sa bene come separare i due mondi: “Io invece, finito il lavoro, stacco”.


Non riesce però a staccare del tutto quando pensa a Emanuela Orlandi, ancora simbolo di una verità mancata. “Era cittadina vaticana, spettava al Vaticano prendere in mano la situazione, ma non lo ha fatto. L’unica speranza è che qualcuno decida di liberarsi la coscienza”, dice con amarezza. E aggiunge: “Quando guardo in camera e dico: “Attenzione, che c’è l’inferno”, penso proprio a questo”.
A rendere “Chi l’ha visto?” un punto di riferimento è anche la scelta stilistica, che Sciarelli difende con orgoglio: “La sobrietà. Nessun opinionista, niente spettacolo, solo lei con le famiglie. Incontro persone distrutte e cerco di strappar loro un sorriso. Uno deve comunque vivere”. È questa formula, lontana dai riflettori e vicina al dolore, che ha permesso al programma di rimanere utile e necessario: “Chi l’ha visto? resta utile perché ancora troppe cose non funzionano. E più siamo visti, più possibilità ci sono di riportare a casa qualcuno”.