Per giorni ci si è chiesti se l’attentatore di Charlie Kirk avesse agito per motivazioni politiche legate a un’ideologia di sinistra. Ma le prime indagini e le testimonianze raccolte delineano un quadro ben diverso. Tyler Robinson, il ventiduenne accusato di aver assassinato l’attivista Maga nello Utah,
non solo non era vicino ai democratici, ma proveniva da una famiglia saldamente repubblicana e sostenitrice di Donald Trump. A confermarlo è la nonna, Debbie Robinson, 69 anni, che al Daily Mail ha raccontato: “La maggior parte dei miei familiari è repubblicana. Non conosco nessuno che sia democratico”.
La donna ha definito il nipote un ragazzo tranquillo, riservato e lontano dalla politica. “Non ha mai parlato di politica”, ha aggiunto, esprimendo incredulità per le accuse. A complicare il quadro però ci sono altre testimonianze.
Il Guardian ha raccolto le parole di un ex compagno di liceo che in passato aveva giocato online con Robinson: il giovane, a detta dell’amico, aveva espresso critiche verso Trump, nonostante la famiglia fosse in gran parte conservatrice. Si trattava però di opinioni risalenti agli anni della scuola, e lo stesso testimone ha ammesso di non sapere nulla delle convinzioni politiche più recenti di Tyler.

Tyler Robinson, chi è davvero il killer di Kirk: «Non è di sinistra, la famiglia sostiene Trump»
Dai registri elettorali non emergono affiliazioni: Robinson non era iscritto ad alcun partito prima delle presidenziali del 2024, mentre i genitori risultavano repubblicani registrati. Un quadro confermato anche dalla Cnn, che ha tracciato un ritratto più ampio del ragazzo. Tyler era descritto come introverso, immerso nel mondo dei videogiochi, dei meme e delle comunità online, un ambiente in cui cercava rifugio e identità.

La sua carriera accademica si era interrotta bruscamente: dopo aver ottenuto una borsa di studio di quattro anni alla Utah State University, lasciò gli studi dopo un solo semestre, prendendosi un periodo di aspettativa da cui non fece mai ritorno. Le autorità stanno ora cercando di colmare il vuoto di quegli anni, per capire cosa lo abbia spinto fino a un gesto così estremo, l’ennesimo attacco contro figure politiche di rilievo negli Stati Uniti.
Particolare attenzione si concentra anche sull’arma usata. Sui bossoli sarebbero state trovate scritte curiose, non tanto slogan politici, quanto frasi tratte da meme e riferimenti alla cultura videoludica. In mezzo c’erano anche “Bella ciao” e “prendi, fascista”, espressioni che a una prima analisi avevano fatto pensare a una matrice ideologica. In realtà, spiegano gli investigatori, si tratta di citazioni comuni nel linguaggio dei videogiochi: compaiono in Helldivers 2, in Far Cry 2 e persino nella serie Netflix La casa di carta.


Chi lo conosceva lo descrive come un ragazzo timido, silenzioso, che al liceo si era schierato dalla parte di Trump, in linea con l’orientamento della sua famiglia. Non risultano voti espressi da lui né un’iscrizione a un partito. Le foto di famiglia, emerse dai social, lo mostrano invece in contesti apparentemente normali: viaggi, attività all’aperto, giornate in compagnia dei fratelli. In alcune immagini i ragazzi posano con armi da fuoco, una passione diffusa in quel contesto familiare e culturale.
Il profilo di Tyler Robinson appare dunque complesso: lontano da un attivismo politico definito, immerso in un mondo virtuale fatto di citazioni, videogiochi e simbologie riprese più per appartenenza generazionale che per convinzione ideologica. Ed è proprio su questa zona d’ombra che si concentrano ora le indagini, per capire se dietro il gesto vi fosse un disegno politico consapevole o piuttosto un mix di fragilità personali e suggestioni raccolte online.