“Sono sparite”. Garlasco, le intercettazioni di Andrea Sempio e il padre: “Distruggere quella gente di me***”

Che fine hanno fatto le intercettazioni in auto di Andrea Sempio? La domanda resta sospesa nel fascicolo 8283/2016 e apre un buco che rischia di cambiare la percezione di quei giorni concitati del febbraio 2017,

quando la procura di Pavia dispose una serie di accertamenti tecnici ritenuti allora “assolutamente indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini”.

La vicenda, così come emerge dalla lettura dei verbali e dalle comunicazioni agli atti, comincia con una richiesta il primo febbraio 2017: il dottor Venditti, insieme alla pm Pezzino, chiede l’intercettazione della seconda vettura della famiglia Sempio — la Fiat Panda intestata a Ivana, zia di Andrea — insieme alla Suzuki Sx4 e a otto utenze telefoniche,

. Il giorno dopo il gip Fabio Lambertucci firma il decreto, e il 3 febbraio dieci deleghe vengono affidate ai carabinieri e alla società Esitel, oggi al centro dell’inchiesta sul cosiddetto Sistema Pavia.

Garlasco, il mistero delle intercettazioni di Andrea Sempio sparite dall’indagine del 2017

Il 6 febbraio, secondo il verbale di nomina di ausiliario di pg, il maresciallo Giuseppe Spoto esegue le operazioni insieme al tecnico della Esitel Massimo C., anche se un secondo verbale posticiperà l’installazione effettiva di due giorni e la microspia sulla Suzuki inizierà a funzionare soltanto la notte dell’8 febbraio,. Ma la Panda? Della Fiat Panda non c’è traccia nei verbali di installazione né nelle operazioni tecniche, e neppure nella disinstallazione che invece risulta completata il 28 febbraio per la Suzuki,. È questo il primo elemento che crea sospetto: un’auto, indicata nella richiesta iniziale, sparisce dalla catena documentale.

garlasco marchetto altri indagati

Le carte però non si limitano a registrare assenze. Ci sono comunicazioni che pongono nuove domande. C’è la comunicazione di cessazione delle intercettazioni, firmata da Venditti e da Pezzino, ma priva di data,. C’è una mail inviata alle 12.16 del 16 febbraio dal maresciallo Spoto alla Esitel che recita: “Trasmetto l’unita comunicazione riservata, facendo presente che il servizio ivi indicato non è mai stato eseguito”,. E nell’informativa finale, Silvio Sapone — oggi indagato — annota che “Venivano dapprima revocati il decreto relativo a sei utenze cellulari e, successivamente, quello relativo all’autovettura Fiat Panda in uso al padre”. Eppure la cimice installata sulla Suzuki riporta registrazioni fino al 22 febbraio 2017, mentre sulla Panda non esiste alcun riscontro.

Il racconto famigliare contenuto negli atti aggiunge un’altra dimensione emotiva e pratica alla vicenda. Andrea Sempio sembra aver usato la Panda in quei giorni; come si legge, dice ai genitori: “Io domani vado con questa, non vado con quell’altra, A guidar l’altra mi vien male al ginocchio con la frizione. Male di brutto”. E il padre, preoccupato per le possibili conseguenze, confida: “Mi fa paura, più che altro, se non c’è l’archiviazione di mio figlio quello là può un altr’anno e una volta siamo in ballo ancora a denunciare?”. Andrea, dal canto suo, calcola il conto economico e umano: “Ci sarà da tirar fuori 70-80mila euro. Qualche centinaio di migliaia di euro. Soldi che io non ho”. Ma non manca l’eco di rivalsa pubblica: “Posso ottenere una grandissima vittoria morale. Possiamo distruggere quella gente di merda. Scriviamo davvero la storia del diritto”.

I testimoni tecnici e i protagonisti delle operazioni lasciano tracce importanti che sollevano ulteriori domande. Il 26 settembre l’ex carabiniere Giuseppe Spoto viene sentito come teste dagli investigatori della Procura di Brescia e racconta: “Ricordo che le intercettazioni mi venne chiesto in tutta fretta di trascriverle, tanto è vero che le feci in uno o due giorni, perché il dottor Venditti disse che gli servivano subito le intercettazioni per fare l’archiviazione”,. Il tono della ricostruzione fa emergere urgenza e fretta, elementi che — se confermati — possono spiegare sovrapposizioni e omissioni nella documentazione tecnica ma che al tempo stesso alimentano sospetti su procedure accelerate e potenzialmente viziate,.

garlasco difesa alberto stasi cosa chiediamo

Il contesto più ampio in cui questo “buco” documentale si inserisce è l’inchiesta bresciana per corruzione e peculato che ha come fulcro sospetti rilevanti: somme ingenti — si parla di 750 mila euro — e una serie di autovetture noleggiate a prezzi presumibilmente gonfiati dalla Cr Service,. I titolari di quella società, i fratelli D’Arena, risultano essere anche i proprietari di Esitel, la stessa società che eseguì le intercettazioni per la procura, e che oggi è finita sotto indagine; una sovrapposizione che getta ombre sulla trasparenza dei rapporti contrattuali e sulla correttezza delle attività tecniche,. In questo scenario emerge anche un episodio legato all’acquisto di un’auto da parte di un pm: il difensore di Mazza, l’avvocato Massimo Dinoia, ha dichiarato che “il pm invece comprò nel 2017 l’auto in leasing per quasi 45mila euro”, pagò le rate mensili e poi “riscattò la macchina nel marzo 2019 pagando l’ultima rata da 20mila euro”,. Sono particolari che, sommati al resto, contribuiscono a dipingere un quadro complesso e potenzialmente compromettente,.

L’assenza delle intercettazioni sulla Panda assume così un peso che va oltre il semplice errore burocratico: diventa un elemento che può incidere sulla ricostruzione delle responsabilità e sulla credibilità delle decisioni assunte negli atti di indagine. Se la Panda, che secondo le comunicazioni era oggetto di attività tecniche, non è mai stata effettivamente intercettata, le conversazioni e i movimenti che avrebbero potuto chiarire passaggi cruciali restano muti, e il fascicolo mostra un vuoto che è difficile spiegare con naturalezza,.

Sul piano giudiziario la vicenda non è chiusa. L’indagine bresciana prosegue con accertamenti che riguardano rapporti economici, presunte tangenti, forniture di servizi tecnici e la correttezza delle procedure interne alla procura di Pavia,. Per le famiglie coinvolte la posta in gioco è altissima: da un lato la difesa della reputazione e la richiesta di verità processuale per Andrea Sempio; dall’altro la necessità di chiarire se pratiche illegittime abbiano condizionato il corso delle indagini su uno dei casi più discussi degli ultimi anni,.

A livello processuale e mediatico, la circostanza della “microspia mai eseguita” nella Fiat Panda è destinata a essere un tassello centrale. Il verbale di Spoto che segnala la comunicazione alla Esitel dove si precisa che “il servizio ivi indicato non è mai stato eseguito”, assume valore non solo tecnico ma simbolico: una traccia che dimostra come, su un punto chiave, qualcuno abbia rilevato l’incompletezza del lavoro,. Resta da capire perché quella segnalazione non abbia determinato un supplemento d’indagine immediato e documentato, e perché la comunicazione di cessazione degli accertamenti sia priva di data,

La vicenda apre anche interrogativi politici e istituzionali: come è possibile che una società privata, proprietaria delle apparecchiature tecniche utilizzate per intercettare, sia al tempo stesso parte di rapporti economici contestati e venga coinvolta in attività delicate come quelle disposte dalla procura? E quale garanzia hanno avuto le parti offese e i difensori di fronte a scelte tecniche che sembrano, ad alcuni occhi, non pienamente tracciate?,
Le risposte arriveranno, forse, dalle perizie tecniche richieste e dagli esiti degli accertamenti della magistratura bresciana sul Sistema Pavia. Ma nel frattempo il vuoto lasciato dalle intercettazioni mancate sulla Fiat Panda continua a pesare sul fascicolo 8283/2016 e sulla capacità di fare luce su una vicenda che intreccia omicidio, indagini tecniche e sospetti di corruzione,.

La parola finale — se ci sarà — spetterà ai giudici, ma la storia processuale di Garlasco si arricchisce di un nuovo capitolo di dubbio e di ombre, e la domanda “che fine hanno fatto le intercettazioni in auto di Andrea Sempio?” rimane, per ora, senza una risposta pienamente convincente,.

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